GOOD MORNING PRIVACY! | Intelligenza artificiale e umanità perduta

Confesso che poche volte, sin qui, scrivere e registrare un episodio di questo podcast mi è umanamente costato così tanto.
Ma quella di oggi è una storia brutta davvero, una storia orribile, anzi, disumana direi, nel senso più letterale del termine.
C’è un fenomeno noto ormai da un po’: quello di influencer completamente artificiali, che non esistono in natura perché generati dall’intelligenza artificiale e che sono usati dai loro padroni – un po’ come i burattinai usano i burattini – per far soldi, talvolta anche tanti.

Il sistema è semplice.
Si generano per pochi dollari al mese decine di influencer artificiali, li si rendono protagonisti di decine di contenuti, normalmente ammiccanti, spesso sessualmente espliciti, si conquista un pubblico quanto più ampio possibile e poi usa il pubblico o per veicolare contenuti sponsorizzati o per vendergli, attraverso apposite piattaforme, contenuti a pagamento, scrivendo in piccolo o piccolissimo, da qualche parte, che i contenuti sono generati con l’intelligenza artificiale.
Inutile dire che in un mondo che va di corsa come quello social, affollato da utenti distratti, dove tutto, sesso incluso, si consuma nello spazio di una manciata di secondi, in tanti abboccano, garantendo ai burattinai entrate a diversi zeri.
Giusto o sbagliato?
Lecito o illecito?
Difficile a dirsi.
Molte piattaforme lo vietano, altre lo permettono, altre ancora fanno finta di vietarlo ma, in realtà, lo tollerano.
Ma il punto, questa volta è un altro.
Il punto è che le piattaforme social, a cominciare dal popolarissimo Instagram, iniziano a pullulare di foto e video che hanno per protagonisti, influencer artificiali, che si presentano al pubblico come affetti dalla sindrome di down e mostrano sul volto i tratti – naturalmente anch’essi artificialmente generati – che caratterizzano le persone affette dalla sindrome di down.
Ma non basta.
Le foto e i video in questione, così come i post che li accompagnano, infatti, nella più parte dei casi sono a sfondo sessuale e\o rinviano a piattaforme attraverso le quali è possibile acquistare altre foto e altri video con gli stessi protagonisti artificiali in pose più o meno sessualmente esplicite.
Esiste, evidentemente, un mercato del sesso a pagamento nel quale questo genere di contenuti incontra una domanda capace di giustificare l’offerta in questione.
E, apparentemente, tutto avviene alla luce del sole benchè rendersi conto della natura artificiale di questi contenuti è cosa a portata di mano di utente attento e, quindi, certamente, dei gestori delle piccole e grandi piattaforme, teatro di questo orrore.
“Tutti criticano la mia sindrome di Down finché… non decido di indossare abiti attillati”, dice, ad esempio, il testo in uno dei video di una tal Maria che naturalmente non esiste mentre si avvolge una maglietta stretta intorno alla vita per mostrare il suo corpo.
‘Onlyfan??’, dice il testo in un altro video sempre della stessa Maria mentre balla. ”No… Onlydown?? Sìì 😂😂”.
Tecnologicamente gestire un business del genere è, evidentemente, un gioco da ragazzi.
Ma tanto basta per poterlo considerare giuridicamente legittimo e umanamente sostenibile?
Possibile accettare che la dignità delle persone debba essere sino a questo punto sacrificata sull’altare del profitto?
Ma, soprattutto, fino a che punto, solo perché la stessa tecnologia è utilizzabile in centinaia di modi più sani e meno disumani, si può accettare che i gestori delle piattaforme non attuino una politica di tolleranza zero contro chi arriva persino a mercificare sindromi gravi come quella di down?
La colpa naturalmente non è dell’intelligenza artificiale ma di chi la usa per produrre questo tipo di contenuti.
E, però, un po’ è anche di chi fa business – perché di questo si tratta – lasciando circolare e intermediando contenuti che non dovrebbero aver cittadinanza nella nostra società.
Lo so, ancora una volta, non è il modo migliore di iniziare la giornata e non lo è stato neppure per me ma, forse, se in tanti, cominciamo a puntare l’indice contro gli animali mascherati da umani che producono questo genere di disumanità artificiale, c’è qualche chance che si fermino o, almeno, che le grandi piattaforme social e di condivisione di contenuti a pagamento facciano qualcosa di più per fermarli.
Buona giornata e, naturalmente, good morning privacy!