GAZZETTA DEL SUD | Privacy, il diritto “gentile” che ci protegge. Scorza: l’IA a scuola? Sì, ma formiamo prima i docenti per tutelare i minori

Gazzetta del Sud 06/12/2024 – Di Natalia La Rosa

In prima pagina su Noi Magazine l’intervista al componente del Garante per la protezione dei dati personali, tra il G7 e il tour di sensibilizzazione partito da Messina

L’uso responsabile della tecnologia sta scalando la vetta delle priorità educative, vista la pesantissima incidenza sulla vita di giovani e giovanissimi dell’impiego di dispositivi, app e soprattutto social. Sui quali (è la notizia degli ultimi giorni) fa scuola il divieto imposto dal governo australiano ai minori di 16 anni. Un’urgenza accentuata ancor più dal dilagare dell’IA generativa: il tema è stato in cima all’agenda dell’ultimo G7 delle Autorità garanti per la protezione dei dati personali, ne parliamo con l’avv. Guido Scorza, componente del GPDP italiano – che ha organizzato il summit – e più volte ospite della GDS Academy di Società Editrice Sud, dialogando con studentesse e studenti.

– L’intelligenza artificiale domina ormai il dibattito con rilevanti ripercussioni sulla tutela dei dati personali, ed è stata al centro dei lavori del G7 dei Garanti organizzato dall’Autorità italiana. A conclusione è stato approvato un documento che riguarda proprio l’Ia e i minori: su cosa tutti i “grandi” hanno concordato?

Con le altre Autorità per la protezione dei dati personali dei sette, concordiamo sulla circostanza che l’intelligenza artificiale, come e più di ogni altro fenomeno innovativo con il quale ci si sia già confrontati offre e offrirà all’umanità – minori, evidentemente, inclusi – opportunità straordinarie sino a ieri inimmaginabili ma, al tempo stesso, espone e esporrà tutti – a cominciare proprio dai minori – a rischi enormi, direttamente proporzionati alle opportunità. La scommessa che la comunità internazionale ha davanti è quella di riuscire a massimizzare le opportunità, limitando i rischi, nella consapevolezza che questi ultimi sono ineliminabili e accompagnano da sempre ogni processo innovativo.

L’obiettivo condiviso è quello di garantire ai più piccoli – a cominciare dalla generazione Alfa, la prima a nascere in una società della quale l’intelligenza artificiale è protagonista indiscussa – un ambiente digitale artificialmente intelligente a misura di bambino. È un obiettivo che la comunità internazionale con Internet ha – e girarci attorno non è utile – mancato perché i bambini si sono ritrovati a vivere immersi in ambienti e piattaforme progettate per gli adulti e completamente inadatte ai loro bisogni, alle loro necessità e, soprattutto al loro bagaglio di competenze ed esperienze.

Nel governare l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla nostra società e, in particolare, sui soggetti più fragili, a cominciare proprio dai bambini, possiamo, certamente, evitare di ripetere gli stessi errori e le conclusioni del G7 presieduto dalla nostra Autorità, sotto questo profilo, sono confortanti: con uno dei documenti finali approvati a Roma, infatti, tutte le autorità di protezione dei dati personali intervenute hanno convenuto sulla necessità di unire le forze e mettere i bambini al centro di una delle più grandi rivoluzioni pacifiche della storia dell’umanità, appunto quella dell’intelligenza artificiale investendo, tra l’altro, in educazione alle tecnologie e ai diritti, a cominciare da quelli fondamentali. Ora non resta che restare uniti e passare dalle parole ai fatti.

– In occasione del summit il presidente del Garante Pasquale Stanzione ha detto che “La protezione dei dati è sempre più anche pre-condizione di ogni altro diritto o libertà, perché in una realtà sempre più “datificata”, in cui siamo ciò che “internet dice che siamo”, la tutela dei dati è il fondamento dell’autodeterminazione, del libero sviluppo della propria personalità. Ma è anche presupposto di eguaglianza, perché incompatibile con ogni forma di discriminazione e reale garanzia di pari chances per ciascuno”. Come spiegare questo concetto a una generazione – non solo di giovanissimi – che vive sui social e spesso non è consapevole di quanto si espone e di quanto ciò sia spesso irreversibile?

Se sin qui avessimo educato i più giovani al digitale e al valore dei diritti e delle libertà fondamentali come avremmo dovuto fare sarebbe facilissimo e, anzi, forse non ce ne sarebbe neppure bisogno ma, non avendolo fatto oggi è, sfortunatamente, difficile. E lo è ancora di più farlo in poche battute.

Forse si può provare così: si dice spesso – a ragione – che chi ci conosce meglio sa come prenderci e dicendolo si intende che chi ci conosce meglio sa, tra l’altro, come orientare le nostre scelte. Nessun problema, naturalmente, quando a conoscerci meglio è chi ci vuole bene. Ma oggi a conoscerci meglio di tutti, talvolta persino meglio di noi stessi, sono i padroni dei social media e, domani, con loro quelli dei servizi basati sull’intelligenza artificiale. E qui iniziano i problemi perché conoscendoci così bene sono in condizione di manipolare ogni nostra decisione negli ambiti più diversi, dagli acquisti alla formazione, dall’intrattenimento alla politica, dagli affari personali a quelli professionali. Ecco perché oggi più di sempre la relazione tra la protezione dei dati personali e gli altri diritti e libertà fondamentali, a cominciare proprio dal diritto all’autodeterminazione, è così stretta. Meno ci preoccupiamo della nostra privacy, meno siamo e saremo liberi.

– Il Ministero dell’Istruzione ha appena avviato la sperimentazione dell’Ia a scuola, con funzione di supporto rispetto all’attività dei docenti e con lo scopo di rendere più inclusivo l’insegnamento, individuando e superando attraverso gli algoritmi eventuali difficoltà per personalizzare i percorsi di apprendimento e ridurre i divari. Quali possono essere i rischi eventuali di questo uso in ambienti così sensibili come quelli scolastici, e come evitarli ?

L’intelligenza artificiale è come un monopattino elettrico in una città trafficata come la mia, Roma: straordinariamente utile se se ne conoscono le dinamiche di funzionamento e i limiti, a cominciare dall’equilibrio, straordinariamente pericolosa se non si ha questo genere di conoscenze. Sono assolutamente favorevole all’ingresso dell’intelligenza artificiale nella scuola ma a una condizione: prima di diventare uno strumento nelle mani dei più giovani, il suo funzionamento, i suoi limiti e i rischi ai quali espone l’intera società devono diventare materia di studio reale ed effettiva da parte di docenti a loro volta adeguatamente formati. Altrimenti i rischi sono enormi e corrono in direzioni diverse.

– La scuola è un luogo in cui l’uso responsabile della tecnologia dovrebbe essere una sorta di insegnamento “trasversale”. Ma talvolta proprio quello scolastico si rivela un ambiente in cui la privacy non viene rispettata, specie quella dei minori. Il Garante ha realizzato un vademecum, quali sono gli aspetti più importanti per una “Scuola a prova di Privacy”?

Si sbaglia quando si crede che la privacy sia un diritto che riguarda solo questioni epocali capaci di conquistare la ribalta mediatica, dalla videosorveglianza intelligente nelle nostre città con l’ambizione di renderle più sicure, alla ricerca medico-scientifica, al telemarketing o alla profilazione online. Certo in tutti questi casi la privacy è, sempre di più un diritto-strumento capace di garantire altri diritti e altre libertà fondamentali. Ma la privacy è parte integrante della nostra vita sin da quando muoviamo i primi passi nella comunità scolastica e prende forma nelle piccole cose, nei piccoli comportamenti quotidiani, negli strumenti che si usano a scuola, nel modo in cui interagiamo con gli altri, in tutto quello che facciamo. È a queste “tamerici” della privacy che è dedicato il nostro ultimo vademecum. Dalle foto scattate alle recite scolastiche all’uso degli smartphone in classe, dalla videosorveglianza al registro elettronico, dalle iscrizioni scolastiche alle graduatorie dei docenti e del personale scolastico. E non solo perché si tratta di questioni che sembrano piccole e talvolta insignificanti – ma che, in realtà possono avere un impatto straordinario sulle persone, a cominciare dagli studenti – ma perché hanno un valore straordinario in termini di esempio.

Un eccesso di videosorveglianza a scuola, ad esempio, a prescindere dalle conseguenze dirette che può produrre all’interno della comunità scolastica, rischia di educare i più giovani a trovare naturale una società orwelliana. E la sovraesposizione via social di ragazzine e ragazzini, anche a prescindere dal consenso dei loro genitori, in occasione di eventi scolastici, oltre a offendere la libertà di chi su quei social non vorrebbe finirci, rischia di dare a pensare che sia giusto così, che qualcuno possa decidere cosa della nostra vita rendere pubblico e cosa mantenere privato.

– Negli ultimi giorni alcuni casi di cronaca hanno creato sconcerto, perché vedevano minorenni inscenare risse e pestaggi mentre altri riprendevano così da postare i video sui social. Violenza e violazione della privacy di altri minori: un mix particolarmente pericoloso…

Vediamo andare in scena nelle strade delle nostre città un film del quale, da adulti, abbiamo scritto il copione. Non possiamo e non dobbiamo farci sconti né essere autoindulgenti. È, in buona parte, colpa nostra. Siamo noi che abbiamo insegnato, con l’esempio, ai più giovani che la violenza fisica e verbale viene premiata dagli algoritmi dei social network e che più si condivide online, più si è fighi. Siamo noi genitori – per fortuna con qualche eccezione – a averli convinti che loro possono e, anzi, devono essere personaggi pubblici ancora prima di nascere con le loro ecografie finite online a caccia di like, e poi il primo bagnetto in ospedale e, quindi, il primo compleanno e il primo giorno di scuola. Gli abbiamo insegnato il principio del “condivido ergo sum” e oggi è difficile convincerli del contrario come, naturalmente, sarebbe giusto fare.

– Il Privacy Tour iniziato a Messina ad aprile scorso sta proseguendo con numerose altre tappe che coinvolgono un’ampia fascia di soggetti: il format ideato dall’Autorità ha funzionato? Possiamo tracciare un primo bilancio?

Direi che, come spesso accade, quando si parte con il piede giusto, poi, si arriva a destinazione. Nella partenza a Messina, il calore, l’entusiasmo, la passione civica di un’intera comunità cittadina, pubblica e privata – che ha stretto in un abbraccio straordinario non tanto e non solo la nostra Autorità ma un diritto fondamentale di tutti come il diritto alla privacy e lo ha idealmente accompagnato a salire su un autobus destinato a fare il giro d’Italia – sono stati contagiosi. Decine di altre comunità hanno voluto fare altrettanto. E questo ha consentito di portare riflessioni, ragionamenti e idee che normalmente riecheggiano sempre nei soliti luoghi, nelle solite città, tra le solite persone, dove generalmente, non si sente parlare di privacy, di dati personali, di dignità delle persone a cominciare dai più piccoli. Guai a parlare di successo perché, sfortunatamente, le persone da educare alla privacy e, anzi, secondo me, da far letteralmente innamorare della privacy, nel nostro Paese restano enormemente di più di quelle che abbiamo raggiunto con il tour ma non c’è dubbio che quello che è accaduto ha superato le nostre migliori iniziative. È stato – e continua a essere – incredibile vedere pubblico e privato, Istituzioni nazionali e locali, addetti ai lavori e gente comune, giovani e adulti uniti dalla voglia di capire e far capire quanto conta un diritto gentile, tanto importante quanto fragile, tanto prezioso quanto sconosciuto nella vita di ciascuno di noi.

Bisognerà tornare a Messina e rilanciare da Messina qualcosa di altrettanto importante per il Paese. Grazie per quella spinta senza la quale, probabilmente, il nostro autobus si sarebbe fermato prima e non sarebbe arrivato così lontano!

FONTE: Privacy, il diritto “gentile” che ci protegge. Scorza: l’IA a scuola? Sì, ma formiamo prima i docenti per tutelare i minori – Gazzetta del Sud