Messaggero 19/09/2024 – Intervista a cura di Raffaele D’Ettorre
Oggi sui nostri device elargiamo consensi a destra e a manca. Per fretta, abitudine o semplice pigrizia, quando appare una spunta spesso clicchiamo “Accetto” senza neanche più leggere le condizioni di utilizzo che la app ci propone. Pochi però sono realmente consapevoli di quali rinunce in termini di privacy comportino queste autorizzazioni.
Guido Scorza, avvocato e membro del Garante per la privacy, ascoltare i microfoni dei nostri dispositivi a fini di marketing è legale?
«Diciamo che c’è un modo per farlo in maniera legittima. Se la app mi chiede in maniera trasparente il consenso per ascoltarmi ai fini della profilazione pubblicitaria, e io presto quel consenso, allora può farlo legittimamente».
Quindi rientra tutto nella sfera del diritto contrattuale? Non c’è nulla di penale in questo caso?
«Non c’è fino a quando questo ascolto non diventa occulto o abusivo. In quel caso subentrano la violazione della privacy, l’intercettazione illecita… l’elenco dei reati diventa infinito. È come se quell’azienda fosse entrata in casa nostra. Ma nel momento in cui diamo l’autorizzazione, il penale esce di scena».
Che succede invece se il dispositivo, mentre ci profila, cattura una conversazione con un’altra persona?
«L’acquisizione dei dati di quella terza persona diventa illegittima. A quel punto si potrebbe evocare l’intero contenuto del Gdpr, sempre ipotizzando che questa profilazione avvenga in Europa. Magari durante la conversazione saltano fuori questioni delicate legate alla salute, alla politica o alla sfera sessuale. Sarebbe un’intromissione gravissima nella vita privata. E quindi si configurerebbero i reati di cui parlavamo prima. Diciamo però che queste aziende hanno più interesse ad ascoltare il proprietario del dispositivo più che un eventuale terzo. Lo scopo in fondo è quello di veicolare pubblicità a un target ben preciso. Non saprebbero chi è quel terzo, i suoi dati gli servirebbero a poco».
Nel caso di un’azienda americana che opera anche all’interno dell’Unione, quale giurisdizione prevale?
«Quella del Paese a cui è destinato il servizio. Se quell’azienda, ovunque avesse i server e ovunque avesse la residenza, rendesse disponibile il servizio di ascolto anche in Europa, si dovrebbe certamente applicare il Gdpr».
Cosa succede se l’azienda che ci intercetta per profilarci si accorge che a casa nostra sta avvenendo un crimine?
«Qui in Italia vige sempre l’obbligo di denuncia alle autorità. Teniamo presente però che, nel caso dei nostri smartphone, non si parla di un ascolto in tempo reale quanto piuttosto di “setacciare” le registrazioni con gli algoritmi in cerca di determinate parole chiave. Più utili invece, quando si parla di crimini, gli assistenti virtuali, che ci ascoltano e registrano in modo più continuativo. E infatti è successo che le autorità chiedessero ad Amazon di consegnare alcune registrazioni di Alexa, che sono poi risultate fondamentali per risolvere un’indagine (Daniel White, incriminato nel 2022 dal tribunale penale del Galles per l’omicidio della moglie, è stato condannato anche grazie alle registrazioni fornite da Amazon, ndr)».
Che idea si è fatto? È vero che le agenzie pubblicitarie ci spiano oppure no?
«Non ho elementi per dire se è vero o non è vero, devo fermarmi al verosimile. Mi pare però improbabile che fornitori di sistemi operativi anche istituzionali abbiano consapevolmente fatto girare sui propri dispositivi una app che possa ascoltare gli utenti in maniera occulta. Una Apple o un Google di turno non li avrebbero mai fatti salire a bordo. Non mi sento però di escludere che CMG possa aver comunicato agli utenti che li avrebbe ascoltati per poi rivendere quelle informazioni agli investitori pubblicitari. Oggi ci sono decine di migliaia di app in circolazione, ognuna con le sue condizioni d’uso, che gli utenti però non leggono più».
Ma le aziende hanno davvero bisogno di questa forma ulteriore di sorveglianza? Non bastano i nostri dati di navigazione?
«La vicenda dovrebbe far riflettere proprio su questo. Sicuramente fa molta impressione sentirsi dire che il telefonino ci spia. Ma vale anche la pena di ricordare al pubblico che sì, per carità, è grave, gravissimo, ma guardate che quando ci osservano mentre navighiamo su internet, per quanto oggi siamo connessi, queste aziende entrano in possesso di una quantità di informazioni tale da non aver nessun bisogno di ascoltarci».
FONTE: Guido Scorza: «Sfera personale tutelata: il privato è salvo» (ilmessaggero.it)