MF | La strategia Ue sul digitale senza Vestager e Breton

MF 21/09/2024 – Di Guido Scorza

Escono dal campo alcuni dei protagonisti di punta della partita appena conclusa il che, inevitabilmente, impone di interrogarsi sulle ragioni all’origine della scelta, tanto più che le nuove commissarie hanno profili diversissimi dai due uscenti.

La neo-ri-eletta presidente europea della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha deciso con chi giocare una delle partite più complesse del suo mandato ovvero quella relativa al buon governo del digitale e dell’innovazione: fuori Thierry Breton e Margrethe Vestager e dentro Henna Virgene e Teresa Ribera, finlandese la prima e spagnola la seconda, rispettivamente vicepresidenti esecutive per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia e, l’altra, per una transizione pulita, giusta e competitiva. Accanto alle due, in una posizione defilata ma non troppo, un’altra donna, la bulgara Ekaterina Zaharieva, commissaria per le startup, la ricerca e l’innovazione.

Una rivoluzione, insomma, nella squadra con la quale la von der Leyen ha affrontato la stessa partita negli ultimi cinque anni, una partita giocata fino al novantesimo minuto e anche oltre, terminata, quando già si sentiva il triplo fischio, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, ultimo arrivato di un imponente pacchetto di misure regolamentari destinate a governare il digitale negli anni che verranno e che vanno dal Digital Service Act al Digital Market Act, passando per il Data Government Act e il Data Act.

Escono dal campo alcuni dei protagonisti di punta della partita appena conclusa il che, inevitabilmente, impone di interrogarsi sulle ragioni all’origine della scelta, tanto più che le nuove commissarie hanno profili diversissimi dai due uscenti.

Le motivazioni sottostanti alla sostituzione

Difficile, naturalmente, identificare dall’esterno risposte a una domanda che potrebbe avere decine di risposte diverse. Nella lettera di dimissioni inviata proprio alla presidente della Commissione Europea il 16 settembre, quando era certo che non avrebbe trovato posto nella nuova squadra, ad esempio, Breton riferisce che la decisione di non riconfermarlo sarebbe stata determinata da ragioni personali a lui stesso ignote. Una prima conclusione e, anzi, un sospetto è che la percezione della von der Leyen sia che, a dispetto dell’enorme produzione regolamentare in ambito digitale varata grazie al contributo determinante dei due commissari uscenti o, addirittura, proprio a causa di tale imponente produzione legislativa, la partita del digitale, negli ultimi cinque anni, non possa considerarsi vinta. Potrebbe ipotizzarsi che la presidente abbia fatto suo il giudizio espresso nei giorni scorsi da Mario Draghi, non lusinghiero sul pacchetto digitale e, più in generale, sull’ipertrofia regolamentare che affligge l’Europa.

Alla base della sostituzione di Breton e Vestager, insomma, potrebbe esserci la convinzione che non basti varare nuove leggi per governare una rivoluzione come quella in atto o, addirittura, che le nuove leggi varate negli ultimi cinque anni, mentre non sono sufficienti a richiamare all’ordine le big tech, minacciano di rappresentare zavorre troppo pesanti per la piccola e media impresa europea. Anche perché, benché l’avvicendamento nella squadra di governo sia un fatto piuttosto comune che, a questo giro, riguarda oltre la metà dei commissari della passata legislatura, è almeno curioso sostituire proprio due commissari che, se confermati, si sarebbero essenzialmente ritrovati a iniziare a attuare le regole varate negli ultimi cinque anni.

Chi meglio di chi le ha scritte e negoziate avrebbe potuto farlo? Il pacchetto digitale varato nell’ultimo quinquennio, almeno se si guarda al Digital Market Act, al Digital Service Act e all’AI Act è durissimo, in particolare, nei confronti delle big tech e i due commissari non confermati non hanno mai fatto mistero di credere nell’esigenza di usare il pugno di ferro nei confronti dei giganti del digitale. «Dobbiamo mettere ordine nel Far West digitale», aveva detto Breton, al quale aveva fatto eco Vestager: «Nessuna azienda dovrebbe avere il potere di chiudere la porta alla concorrenza e all’innovazione». Due tra decine di dichiarazioni non all’insegna del dialogo che raccontano molto dell’approccio tenuto nel governo del digitale nella stagione che ci lasciamo alle spalle.

Le nuove commissarie e un nuovo approcio

A leggere i curricula delle commissarie che stanno per scendere in campo nonché post e articoli scritti, anche a proposito del digitale negli ultimi anni, l’impressione è che attitudini, carattere e approccio nei confronti delle big tech, in futuro, potrebbe essere diverso. Potremmo essere alla viglia di un cambio di passo: dallo scontro al confronto. Leggere le deleghe che la von der Leyen ha inviato alla Virkkunen e alla Ribera questo sospetto non appare infondato perché, benché esse contengano taluni rinvii al Digital Service Act e al Digital Market Act, sono, certamente, più forti le evocazioni dell’esigenza di promuovere l’innovazione digitale e la progettazione e sviluppo di AI in Europa.

Il focus, insomma, sembra più sulle preoccupazioni procompetitive protagoniste del Rapporto Draghi esplicitamente richiamato che su quelle difensive e regolamentari protagoniste di buona parte del pacchetto digitale che ha avuto in Breton e nella Vestager i genitori putativi. Allo stesso modo le deleghe parlano in diversi passaggi dell’esigenza che le Commissarie promuovano dialoghi aperti e trasparenti con gli stakeholders. Ma è anche possibile – e alla fine potrebbe essere la spiegazione più logica – che la ragione della sostituzione stia semplicemente nella volontà della von der Leyen di giocare il suo secondo mandato, limitando lo spazio per protagonismi e individualismi da fuoriclasse e aumentando quello per il gioco di squadra e il collettivo. E si tratta di una lettura che trova conferma nella lettera di incarico che la presidente ha inviato alle nuove commissarie delegate. Un paragrafo di questa lettera è intitolato proprio «Nuova Commissione, nuovo approccio» e esplicita l’ambizione della von der Leyen a un lavoro collegiale su questioni tutte interconnesse tra loro e interdipendenti nonché tra Commissari tutti «uguali» in termini di poteri e responsabilità.

Che si tratti di una scelta di metodo, di una scelta di merito o di entrambe, in ogni caso, l’avvicendamento sembra il preludio di una strategia nuova: sarà più efficace della precedente? C’è da augurarselo, ma senza muovere recriminazioni o critiche alla precedente, perché, appunto, cinque anni, specie quando si parla di innovazione e digitale, ormai rappresentano un tempo enorme nel quale inesorabilmente le esigenze cambiano e rivalutare approcci e strategie non solo è legittimo ma può essere prova di intelligenza e acume.

FONTE: https://www.milanofinanza.it/news/la-strategia-ue-sul-digitale-senza-vestager-e-breton-202409201911428617?refresh_cens