Il cervello è nudo. Ecco perché serve tutelare la privacy mentale. E negli USA si stanno già muovendo.
I progressi neuro-scientifici e neuro-tecnologici hanno, ormai, esondato gli ambiti clinici e stanno arrivando sul mercato. Lo sviluppo di AI sempre più insidiose creerà la tempesta perfetta? Privacy weekly, il guest post di Guido Scorza, avvocato e componente del Collegio del Garante per la Protezione dei dati personali.
Il cervello è nudo o, almeno, lo sarà prima di quanto la maggior parte di noi immagina. I progressi neuro-scientifici e neuro-tecnologici hanno, ormai, esondato gli ambiti clinici e stanno progressivamente arrivando sul mercato dove, assieme a quelli che si registrano giorno dopo giorno nell’universo degli algoritmi e dell’Intelligenza artificiale, rappresentano gli elementi di una tempesta perfetta.
Il neuromarketing nello spazio di qualche anno consegnerà alla storia le tecniche di profilazione digitale di utenti e consumatori che oggi ci appaiono straordinariamente invasive e porrà nelle mani dei giganti delle tecnologie da una parte un patrimonio informativo senza precedenti rappresentato dai nostri pensieri inespressi e dall’altra inedite capacità manipolative e di etero-controllo di ogni tipo di nostra decisione.
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Non è fantascienza o, almeno, non lo è più. Un segnale importante in questo senso è rappresentato dalla recentissima approvazione, in California di un emendamento al California Consumer Privacy Act (CCPA) del 2018 che mira proprio a chiarire – giacché da quella parte dell’oceano come da questa qualche dubbio al riguardo è legittimo – che i dati celebrali devono essere considerati alla stregua dei più sensibili tra i dati personali e che, di conseguenza, chi voglia trattarli dovrà adempiere a stringenti obblighi di trasparenza nei confronti di utenti e consumatori e riconoscere a questi ultimi un effettivo controllo sul trattamento dei loro dati neurali che l’emendamento definisce come “le informazioni generate misurando l’attività del sistema nervoso centrale o periferico di un consumatore e che non sono desunte da informazioni non neurali”.
Difficile dubitare della circostanza che se la California, patria della Silicon Valley e delle big tech si preoccupa – seconda negli USA dopo il Colorado – di introdurre nelle proprie leggi regole importanti a proposito della c.d. privacy mentale, ciò è dovuto alla consapevolezza di essere (o, almeno, di essere destinata) a diventare in un intervallo di tempo straordinariamente contenuto l’epicentro di una nuova rivoluzione che minaccia di trasformare le menti di miliardi di persone in tutto il mondo in autentiche riserve di caccia di un patrimonio informativo senza eguali.
Le insidie del neuroverso
Il cervello, quello che Leonardo da Vinci chiamava “il conservamento nascosto delli sensi umani che s’incontrano collo spirito in questa scatola del mistero”, sta per trasformarsi in una scatola di vetro. È una partita straordinariamente difficile quella del buon governo del neuroverso. Le stesse neuro-scienze e neuro-tecnologie, infatti, da una parte possono restituire alle persone straordinarie facoltà perdute – dal movimento alla vista passando per la capacità di comunicare – per un insieme variegato di incidenti e patologie e, dall’altra possono generare fenomeni di autentico superomismo, aumentando tali facoltà al di là dei confini naturali o consegnare a chiunque il controllo assoluto sulle scelte di qualsiasi genere di miliardi di persone.
E basta, d’altra parte, farsi un giro nel sito della Neuralink, la società specializzata proprio in neuroscienze e neurotecnologie di Elon Musk, istrionico e inarrestabile uomo più ricco del mondo, per registrare plasticamente come istanze di intervento sulla salute delle persone si confondano in un tutt’uno indistricabile con istanze di mercato.
Verso la neurosorveglianza di massa?
E non c’è solo il mercato. I progressi di neuroscienze e neurotecnologie, infatti, aprono la porta anche a un nuovo travolgente – per tempi e pervasività – fenomeno che, forse, si potrebbe, definire neurosorveglianza di massa. Che accadrebbe se miliardi di persone, lavoratori e cittadini, si ritrovassero privati persino della libertà di poter pensare al riparo di sguardi indiscreti, magari quelli dei datori di lavoro o dei Governi?
Sono questioni che vanno affrontate oggi mettendo da parte l’illusione che siano lontane nel tempo e nello spazio. E, in questo senso, la legge appena approvata in California, è una sveglia che suona. A noi non ignorarla e svegliarci per davvero.
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