L’Economia, 12 maggio 2025
«Occorrono bilanciamento, sostenibilità umana e democratica by design»
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
Le rappresentano come antagoniste, rivali, nemiche giurate. L’una ostacolo dell’altra. La privacy autentica zavorra della nascente società degli algoritmi, dell’industria e dei mercati dell’intelligenza artificiale e quest’ultima, minaccia inusitata alla prima, nuova rivoluzionaria forma di aggressione e travalicamento di ogni linea di confine tra pubblico e privato. Uno scenario nel quale si continua a suggerire alle persone che si tratta di scegliere tra privacy e innovazione, tra diritti fondamentali e futuro, tra protezione dei dati personali e algoritmi miracolosi e prodigiose intelligenze artificiali.
«In questo momento ci troviamo di fronte alla straordinaria prospettiva di una nuova rivoluzione industriale, alla pari dell’invenzione della macchina a vapore — ha detto il vicepresidente degli Stati Uniti d’America, JD Vance, qualche mese fa intervenendo all’AI Summit organizzato dal presidente francese Macron a Parigi —. Ma non si realizzerà mai se l’eccessiva regolamentazione dissuaderà gli innovatori dall’assumersi i rischi necessari per far progredire il progetto», ha aggiunto.
«Stop alle regole sull’intelligenza artificiale», insomma, incluse — ed ecco privacy e intelligenza artificiale autorevolmente proposte come antagoniste anche nella dimensione geopolitica — quelle europee sulla protezione dei dati personali. E alle parole del vicepresidente americano pronunciate a Parigi, senza nessuna sorpresa, poche settimane dopo hanno fatto eco quelle arrivate a Washington, alla Casa Bianca dalla Silicon Valley, dai rappresentanti delle più grandi fabbriche globali degli algoritmi, Sam Altman di OpenAI in testa, in risposta alla consultazione pubblicata lanciata dall’Amministrazione Trump proprio in materia di regolamentazione dell’intelligenza artificiale: se la pressione regolamentare, in particolare in materia di copyright e privacy non si allenta, l’industria americana dell’AI non potrà competere con quella cinese e il nostro–loro–Paese è destinato alla sconfitta.
Un messaggio tanto duro quanto chiaro. Ma le cose stanno davvero così?
Il bivio
Il rapporto tra privacy e intelligenza artificiale è davvero così tanto inconciliabile? Si tratta davvero di scegliere tra proteggere la dignità delle persone e garantire alle stesse persone il futuro straordinario che l’intelligenza artificiale potrebbe offrire loro?
Se fosse così, l’umanità sarebbe a un bivio inedito nella storia: consegnare all’industria tecnologica le chiavi della società, rinunciando a regolamentare l’impatto di una delle più rivoluzionarie e promettenti tecnologie di tutti i tempi sulla vita delle persone o immolare un futuro — già quasi presente — che si annuncia carico di miracoli e portenti sull’altare della regolamentazione, dei diritti e delle libertà. Una scelta difficilissima.
Ma, per fortuna, le cose non stanno così. Non si tratta di scegliere, non c’è nessun bivio, nessuna contrapposizione, nessun antagonismo a dispetto di quello che troppo spesso si sostiene e si racconta per ragioni diverse che vanno dall’ignoranza all’esigenza di semplificazione narrativa, alla convenienza politica, commerciale e industriale. Anzi, mai nessun Governo democratico dovrebbe proporre o lasciare che si proponga ai propri cittadini un’alternativa del genere, l’esigenza di scegliere tra due diritti, quello a un futuro carico di opportunità tecnologicamente abilitate o quello a un futuro sostenibile nella dimensione della dignità umana, dei diritti e delle libertà.
Alle persone dobbiamo — e devono, per primi, i Governi — garantire il più importante e il più sacro di tutti i diritti: quello a non dover scegliere tra più diritti. Non privacy o intelligenza artificiale, alfiere dell’innovazione, dunque, ma privacy e intelligenza artificiale, insieme, unite in un matrimonio che s’ha da fare e che non si può non fare. Ma come?
Le parole d’ordine sono bilanciamento e sostenibilità umana e democratica by design.
Bilanciamento nel senso che dobbiamo ricordarci sempre che tra diritti fondamentali — e il diritto a innovare e quello alla privacy lo sono — non esistono diritti assoluti o tiranni, ma ogni diritto deve sempre poter esser compresso, non travolto, nella misura necessaria a garantire la sopravvivenza di un altro diritto pari ordinato. Sostenibilità umana e democratica by design, nel senso che le fabbriche degli algoritmi devono imparare ad assumere le regole adottate dalle istituzioni democratiche come vincoli di progettazione e devono rinunciare a progettare e sviluppare soluzioni che travolgono regole, diritti e libertà.
Possono e devono, se lo ritengono necessario, chiedere la modifica delle regole in vigore, ma non possono e non devono sovrascriverle in nome dell’impossibilità tecnologica di rispettarle perché quando questo avviene, la tecnologia diventa essa stessa regolamentazione e chi la produce diviene regolatore, con la conseguenza che la tecnocrazia si sostituisce alla democrazia, travolgendo diritti e libertà risultato di conquiste ultra secolari e, soprattutto, rendendo prima o dopo insostenibile l’esistenza umana.
Si può certamente — anzi, non c’è alternativa — coniugare diritto alla privacy e intelligenza artificiale, se serve, anche modificando le regole in vigore, a condizione di farlo nelle sedi e nelle forme caratteristiche delle nostre democrazie che l’intelligenza artificiale dovrebbe aiutarci a rafforzare e non minacciare di indebolire.