LA STAMPA | Dalle armi chimiche ci salverà l’IA ma con l’aiuto delle Nazioni Unite

Guido Scorza – 26/09/2025

Bene la proposta di Trump, ora l’Onu renda l’intelligenza artificiale un bene per l’umanità

L’Ai per battere le armi biologiche e lombra lunga di Thiel e Palantir

Usare l’intelligenza artificiale per fermare lo sviluppo di armi biologiche artificiali. È la proposta lanciata dal Presidente americano, Donald Trump, qualche giorno fa, davanti all’Assemblea generale Onu. Una proposta, una delle poche per la verità, seria e concreta, in un discorso infarcito di battute sul malfunzionamento della scala mobile del palazzo di vetro e del gobbo che avrebbe dovuto supportarlo nella lettura del suo discorso così come sullo stato di perfetta forma della First Lady. Un passaggio, quello che il Presidente americano ha dedicato alla questione del rapporto tra armi biologiche e intelligenze artificiali, che, per ragioni diverse, non bisogna lasciarsi scivolare addosso. Una prima ragione è che Trump ci ha ricordato che quando parliamo di intelligenza artificiale non parliamo solo delle applicazioni
più o meno utili o divertenti che, ormai, utilizziamo quotidianamente per lavoro o per diletto ma di molto di più perché, nel bene e nel male, è un asset politico e geopolitico straordinariamente potente, tanto, appunto, da meritare una menzione speciale, addirittura a proposito di lotta alle armi biologiche, nel discorso alle Nazioni Unite del Presidente americano. Chi ne dubitasse, può riavvolgere il nastro della storia moderna dell’intelligenza artificiale, e riportarlo all’estate del 2017 quando a Mosca, Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, parlando a un gruppo di studenti, prima definisce l’intelligenza artificiale «il futuro non solo per la Russia ma per tutta l’umanità» e, poi, aggiunge «Chi diventerà leader in questo campo diventerà il dominatore del mondo». Alle parole del Presidente russo, risponde via Twitter, poche ore dopo, Elon Musk, istrionico imprenditore seriale della Silicon Valley e uomo più
ricco del mondo: «La competizione per la supremazia nell’Ai a livello nazionale con ogni probabilità la causa della Terza Guerra Mondiale, secondo me». I termini della questione sono chiari, la corsa delle superpotenze all’intelligenza artificiale come strumento di dominio globale è ufficialmente iniziata, sebbene fosse in atto già da anni.
Ma c’è una seconda ragione per la quale le parole pronunciate da Trump sono importanti. Il Presidente americano, infatti, mostra il volto buono dell’intelligenza artificiale, la sua attitudine a supportare i Governi e le organizzazioni internazionali nella guerra alla armi biologiche e nell’enforcement della Convenzione internazionale in materia che stabilisce proprio un «cessate il fuoco» batteriologico. Ma il punto che non si può e non si deve perdere di vista è che l’intelligenza artificiale, nell’universo scientifico e biologico, è la più potente delle applicazioni tecnologiche dual use – e, cioè, indifferentemente utilizzabili per il bene o per il male dell’umanità – sin qui conosciute. Può essere la migliore alleata dei ricercatori medico-scientifici e guidarli nella realizzazione di autentici miracoli diagnostici e terapeutici come dimostra il premio Nobel per la chimica, assegnato nel 2024, agli autori di un lavoro pionieristico sulla struttura delle proteine interamente basato sull’intelligenza artificiale ma, contemporaneamente, può rappresentare la migliore alleata – e si tratta di un’alleata l’accesso alla quale diventa ogni giorno più aperto e democratico, più facile, più a buon mercato di chiunque intenda progettare e sviluppare qualsiasi genere di arma biologica o agente patogeno sintetico. E, infatti, proprio mentre Trump pronunciava il suo discorso all’Onu, un team di ricercatori della Stanford University e dell’Arc Institute di Palo Alto, in California, annunciavano al mondo di esser riusciti, per la prima volta nella storia, a generare nuovi virus utilizzando una soluzione di intelligenza artificiale non troppo diversa dalla popolare ChatGPT ma, a differenza di quest’ultima, non addestrata su libri e articoli di giornali ma sui genomi di circa 2 milioni di altri virus. Il cuore del problema che è importante non resti nascosto dietro le parole rassicuranti di Trump è proprio questo: ieri sviluppare armi biologiche era un’attività che richiedeva competenze e risorse straordinarie, disponibili solo in una manciata di laboratori governativi in giro per il mondo mentre, oggi, chiunque – o quasi – con risorse straordinariamente più limitate, può farlo, in tempi e con risultati incomparabili in termini di potenziale letale rispetto alle armi di ieri. Lo scenario è chiaro: l’intelligenza artificiale può condurci verso il migliore o il peggiore futuro possibile. Che la si usi nell’una o nell’altra direzione dipende esclusivamente da come la comunità internazionale sarà in grado di governarla e, forse, proprio quelle Nazioni Unite che Trump, nel suo discorso, ha ripetutamente sbeffeggiato e accusato di inattività e immobilismo mentre lui da solo fermava sette guerre in giro per il mondo rappresentano la sede alla quale guardare alla ricerca da una parte di antidoti agli usi malevoli e dall’altra di amplificatori di quelli benevoli.