Auto connesse e app che parlano con le assicurazioni
Lo Stato del Texas ha appena trascinato in giudizio una compagnia assicurativa americana, la Allstate, contestandole di aver comprato a peso d’oro dai gestori di una serie di applicazioni per smartphone e da alcuni produttori di automobili connesse una quantità industriale di dati personali di decine di milioni di americani allo scopo di saperne di più sul loro stile di guida e poter adeguare le tariffe delle polizze in maniera coerente con i profili di rischio elaborati.
Toyota, Lexus, Mazda, Chrysler, Dodge, Fiat, Jeep, Maserati e Ram: i nove marchi di automobili coinvolti nella vicenda.
Tante, anzi, tantissime le tipologie di dati raccolti: tempo alla guida e chilometri percorsi, velocità media, accelerazioni repentine e brusche frenate, ma anche uso del telefonino alla guida e cinture di sicurezza allacciate o meno.
Un patrimonio informativo capace di abbattere l’alea assicurativa quasi a zero, rendendo straordinariamente facile prevedere il rischio di incidenti e, quindi, controbilanciarlo con tariffe adeguate e ritagliate su diversi specifici cluster di assicurati secondo una regola elementare: più alto il rischio, maggiore è il premio richiesto.
Ma il cuore della questione portata in Tribunale è un altro: la compagnia assicurativa, infatti, secondo l’accusa, semplicemente non avrebbe dovuto sottoporre decine di milioni di persone a un tracciamento tanto pervasivo, specie senza informarle adeguatamente.
E questo è quanto accaduto.
La compagnia, naturalmente, respinge, almeno per ora, al mittente le accuse e sostiene di aver semplicemente creato un sistema capace di garantire a chiunque l’accesso alle migliori condizioni assicurative possibili in relazione al proprio profilo.
Una difesa che, in effetti, in attesa di vederla sviluppata e meglio argomentata davanti ai Giudici, sembra almeno claudicante.
Difficile, a leggere i nomi delle aziende automobilistiche coinvolte e quelle delle app scese a patti con la compagnia assicurativa, non chiedersi se qualcosa di analogo stia accadendo anche da questa parte dell’oceano.
Perché certo le esigenze e i desideri delle compagnie assicurative sono gli stessi e le possibilità tecnologiche e commerciali di fare altrettanto non mancano.
Insomma, c’è il rischio che anche la nostra assicurazione sia seduta accanto a noi nella nostra automobile e ci osservi più da vicino di quanto non immaginiamo.
Occhi aperti, quindi.
Sulla strada ovviamente, ma anche a quello che c’è scritto nell’informativa sulla privacy della compagnia assicurativa di fiducia e in quelle delle applicazioni installate sullo smartphone e sulla nostra automobile.
Se qualcosa non torna, segnalatelo!
Frattanto, e sperando che non sia vero che a pensar male non si fa peccato e spesso si vede giusto, buona giornata e, ovviamente, good morning privacy!