GOOD MORNING PRIVACY! | L’intelligenza artificiale corre troppo. Parola di Sam Altman

L’altra sera, Sam Altman ha partecipato a The tonight show, uno dei programmi televisivi americani di maggior successo e ha detto senza tanti giri di parole che il rischio più grande che vede legato alla sua ChatGPT e in generale all’intelligenza artificiale è la velocità di adozione, in tre anni, la più veloce di sempre.
E ha aggiunto che si tratta di una tecnologia che può curare malattie ma anche essere usata in modo improprio.
Poi Altman ha fatto un esempio, uno soltanto, quello dell’impatto dei posti di lavoro.
“Nuovi posti di lavoro arriveranno – ha detto – ma non necessariamente al ritmo di questa rivoluzione”.
E poi ha concluso “Il problema non è l’intelligenza artificiale, è non avere il tempo di assimilarla.”.
Parole importantissime.
La sigla e ne parliamo.

Non c’è una sola parola tra quelle pronunciate dal fondatore di OpenAI che non sia condivisibile.
Le cose stanno esattamente come dice.
La velocità di sviluppo e adozione della sua tecnologia nella società è il principale fattore di rischio con il quale dobbiamo confrontarci.
Nessuna rivoluzione tecnologica è mai andata così di corsa in particolare in termini di adozione planetaria.
Basta mettere in fila pochi dati.
Ci sono voluti sessantadue anni perché cinquanta milioni di persone utilizzassero una macchina, sessanta perché avessero un telefono a casa, quarantotto perché disponessero dell’elettricità e ventidue perché possedessero un televisore.
Il computer, per conquistare lo stesso pubblico ci ha messo quattordici anni, il telefonino dodici e Internet sette.
Poi, appunto, è arrivata ChatGPT e in di due mesi ha raggiunto cento milioni di utenti attivi mensili, il doppio di quelli raggiunti da YouTube in quattro anni.
L’intelligenza artificiale di casa OpenAI e quella dei concorrenti sta correndo troppo e non sta lasciando alla società il tempo necessario a assimilarne l’impatto nelle diverse dimensioni della vita delle persone.
Questo è il vero problema.
Il resto è un contorno, non nuovo e neppure originale con il quale ci confrontiamo da sempre, inclusa la tensione tra regolamentazione e innovazione, incluso il problema dell’impatto occupazionale, inclusa la questione della concentrazione di potere tecno-economico.
Ma se le cose stanno così, la domanda da porsi è – o, almeno, dovrebbe essere – che facciamo?
Perché è difficile trovare un’opzione utile lasciare che la macchina dell’intelligenza artificiale continui a correre a una velocità forsennata tra le nebbie nella notte lungo le strade del mondo intero attraversate da miliardi di persone.
Scontato che, prima o poi, in modo più o meno frequente, qualcuno, tanti, purtroppo, si faccia male.
Altman fatta l’analisi non propone soluzioni.
E, a onor del vero, non le propone nessuno dei suoi concorrenti.
Continuano tutti a correre sempre più veloci anche perché, chi rallenta, anche senza fermarsi, è perduto o, almeno, perde terreno sul mercato.
E, proprio il fattore tempo, d’altra parte, ha trasformato la concorrenza in una semplice gara di velocità nella quale vince chi arriva prima e non il migliore.
Ma, per arrivare primi, bisogna diventare più leggeri e per diventare più leggeri bisogna sganciare le zavorre, zavorre rappresentate, innanzitutto, dai diritti, le libertà, la dignità delle persone immolati sull’altare del mercato.
Un mercato che è ormai diventato un enorme laboratorio a cielo aperto nel quale si sperimenta quotidianamente intelligenza artificiale, trattando, però le persone come se fossero cavie.
Così non funziona, non può funzionare, non deve funzionare.
Servono dei limiti di velocità, più che divieti.
Servono dei limiti sotto i quali non si può diventare più leggeri in termini di rispetto dei diritti e della dignità delle persone.
E serve imporre all’industria del settore uno sforzo educativo inedito nell’educazione delle persone alla vita con gli algoritmi perché, in assenza, la più innocua delle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale rischia di diventare pericolosa per milioni di persone.
Serve, naturalmente, anche tanto di più ma il nostro caffè del mattino è già diventato lungo.
Però continuiamo a parlarne.
Frattanto buona giornata e good morning privacy!