QN | Cyberbullismo, cos’è. Scorza (Garante): “Basta bambini sui social. Subito la verifica sull’età”

03/05/2025: Cyberbullismo, cos’è. Scorza (Garante): “Basta bambini sui social. Subito la verifica sull’età”

“Le leggi del 2017 e del 2024 hanno rafforzato il sistema integrato di protezione, tra famiglia e scuola. Ora bisogna imporre alle piattaforme l’age verification. Togliamo ai più piccoli network che non sono stati disegnati per loro”.

Guido Scorza, componente del Garante privacy. Due leggi contro il cyberbullismo ma le armi sembrano spuntate. Se la soglia si è abbassata all’età della scuola elementare, quando non si è punibili, come facciamo a risolvere quest’emergenza con la legge?

“Sicuramente le norme, quella del 2017 e l’ultima, del 2024, hanno rafforzato il sistema integrato di protezione, anche grazie al coordinamento, mi riferisco alla scuola e alle famiglie. Ma ci confrontiamo con un fenomeno che è essenzialmente culturale. Non credo sarebbe bastato scrivere qualcosa di diverso”.

Cyberbullismo: qual è la definizione? Quali sono i confini di questo fenomeno?

“In quella parola c’è dentro tutto, abbiamo provato ad abbracciare i mali dell’umanità. Stiamo parlando di qualsiasi condotta illecita volta a discriminare, offendere, violare la reputazione o l’intimità di un minore”.

Vittime e protagonisti sono sempre più piccoli.

“La legge alla fine costruisce un sistema di protezione. Hai il referente nella scuola, il potere del Garante che può ordinare la rimozione di un contenuto, l’ammonimento del prefetto. Queste, però, sono le cinture di sicurezza e l’airbag dell’auto. Diminuiscono le conseguenze di un incidente ma non lo evitano. Non sono capaci di scongiurare il rischio. Il meccanismo dissuasivo nel caso del cyberbullismo, dove sempre più spesso vittima e carnefice sono entrambi minori, non funziona. Non è capace di scongiurare il rischio che un ragazzino eviti di offendere il suo compagno di classe o di condividere online il video di quell’offesa, senza rendersi conto della lesività del gesto”.

Il bambino o giovanissimo naturalmente non conosce la legge.

“Appunto. Non esiste l’effetto disincentivante. Quella legge è un sistema integrato di protezione che può limitare o contenere le conseguenze di un episodio. In minima parte può scongiurare il rischio che un evento si verifichi”.

Che cosa dovrebbero fare le piattaforme web?

“Non posso lasciare che un mezzo potente come un social network sia nelle mani di un bambino. Eppure oggi è così. Quel bambino, mentre offende il compagno di classe, finisce in Rete insieme alla vittima perché c’è un terzo minore che, pur non potendo a norma di legge, ha accesso ai social. Quindi, se vogliamo essere concreti, per prima cosa tiriamo via a questi benedetti bambini o tredicenni piattaforme che non sono state disegnate per loro. Come può succedere che una scazzottata tra ragazzini di 11 anni finisca su Instagram?”.

Sta parlando ai genitori?

“Intanto mi riferisco ai gestori delle piattaforme. Loro stessi mettono la soglia degli ultratredicenni ma oggi lasciano entrare anche i più piccoli. Perché il ragazzino, pur di entrare lì dentro, mente sull’età. E il gestore fa finta di crederci”.

Come si risolve?

“Ad esempio con la age verification. Oggo il gestore disponde di tecnologia per accertare l’età del minore. Come il giostraio che ti misura, se non sei alto almeno 100 centimetri tu qui non sali. E non per capriccio ma perché le cinture di sicurezza del mio trenino sono progettate per trattenere al sedile chi ha quell’altezza. Non dico sia la soluzione ma sarebbe un passo significativo. Questo dovrebbe accadere per tutti i fornitori di servizi digitali. Non dovrei poter trovare nella grandi piattaforme – che si chiamino TikTok o Instagram – navigatori più piccoli di quel che prevede il regolamento”.

Come funziona la age verification?

“Una soluzione possibile è quella che prevede: vai da un soggetto terzo e ti fai attestare l’età. Con quella prova ti presenti allo sportello del social network o del servizio digitale di turno e compili l’anagrafica. Se invece non esibisci quella prova, resti fuori”.

Ma perché non si fa già?

“Mi auguro accada in fretta, ci stanno lavorando il Parlamento italiano e la Commissione europea. Come Garante, sul cyberbullismo abbiamo il potere che ci attribuisce la legge. Ricevuta l’istanza su un contenuto, possiamo ordinare al fornitore dei servizi la rimozione immediata, entro le 48 ore. Ma è rarissimo che qualcuno bussi alla nostra porta”.