GOOD MORNING PRIVACY! | Pubblicano foto su un app per vendere un vestito e si ritrovano sommerse da richieste di prestazioni sessuali

Avete mai usato Vinted, l’app per vendere abbigliamento usato?
E se lo avete fatto avete mai pubblicato vostre foto con indosso i capi da vendere?
Se si questa storia potrebbe interessarvi e, forse, anche preoccuparvi un po’.
Se no, vale come avviso ai naviganti e, soprattutto alle naviganti.
La sigla e ne parliamo.

La storia rimbalza dalla denuncia di alcune ragazze che dopo aver pubblicato su Vinted loro foto in cui indossavano alcuni capi di abbigliamento per promuoverne la vendita si sono letteralmente ritrovate travolte da ogni genere di messaggio a sfondo sessuale attraverso i recapiti pubblicati sull’applicazione.
A quel punto i giornalisti tedeschi hanno deciso di andare a fondo e hanno scoperto una pratica tanto diffusa quanto umanamente aberrante.
Interi canali su Telegram dedicati alla condivisione di immagini rubate da Vinted con sotto ogni genere di commento sessualmente esplicito all’indirizzo delle venditrici-modelle.
Insomma foto nate per promuovere la vendita di un capo di abbigliamento che diventano una sorta di catalogo di ragazze, spesso anche molto giovani, e donne in vendita o, meglio, presentate come se in vendita ci fossero loro e i loro corpi anziché i vestiti che indossano.
E certo che ci si potrebbe limitare a bollare la questione come una delle tante perversioni che affollano la società e che, inevitabilmente, poi trovano nella dimensione digitale uno sfogo e un amplificatore ideali.
Ma, anche a prescindere dalla circostanza – dalla quale pure bisognerebbe imparare a non prescindere – che prendere la foto di una donna pubblicata per vendere un costume e ripubblicarla per invitare altri utenti a commentarla in chiave sessuale rappresenta, a tutti gli effetti, una forma di violenza sulla donna in questione, tanto più grave quanto più giovane è la vittima, il punto è un altro.
Questa forma di violenza perversa rischia di produrre conseguenze drammatiche o, meglio, ancora più drammatiche.
La ragione è semplice.
Chi vuole vendere un capo di abbigliamento su Vinted ha, naturalmente, interesse a essere raggiungibile, per poter essere contattata da chi è interessato all’acquisto.
E, quindi, normalmente, nel pubblicare annunci di vendita sull’app ci si preoccupa di più di condividere recapiti utili allo scopo che di non condividerli.
Ma che succede se quei recapiti associati alle foto condivise in canali affollati dalla parte meno difendibile dell’umanità finiscono nelle mani sbagliate?
Il rischio è che per vendere un maglione, ci si ritrovi un malintenzionato prima nello smartphone e, poi, magari, alla porta.
Cosa fare?
Non usare più l’app.
Direi di no, significherebbe darla vinta alla parte peggiore dell’umanità e lasciarsi comprimere nella propria libertà, persino di vendere un vestito usato online.
Davvero troppo.
Ma usarla in modo più consapevole, decisamente si.
Tanto per cominciare, chiedersi se valga la pena di pubblicare una propria foto con indosso il capo da vendere o se la vendita non può esser promossa con la stessa efficacia fotografando solo il capo di abbigliamento o, magari, il capo indossato da una modella su un catalogo già pubblicato online.
Se poi si decide che il modo migliore per venderlo è proprio mostrare agli utenti dell’app come ci sta addosso, allora, probabilmente, utile far la foto (o modificarla dopo averla fatta), in maniera tale che il volto non si veda e che con il volto non si vedano neppure altri dettagli che ci possono rendere riconoscibili o che possono rendere riconoscibile il luogo in cui viviamo o lavoriamo.
Poi c’è la questione dei recapiti: l’app consente di essere raggiunti semplicemente attraverso i propri canali condividendo informazioni minime essenziali, pseudonimo o solo nome di battesimo incluso.
Sembra la scelta migliore.
Evitare di condividere più informazioni personali del necessario con chi potrebbe presentarsi a noi come interessato semplicemente a comprare un paio di scarpe ma, in effetti, avere intenzioni completamente diverse, intenzioni sollecitate dal riutilizzo perverso delle nostre immagini su Telegram e non solo.
Basta una ricerca online, infatti, per verificare che alcuni gruppi Telegram sono effettivamente stati chiusi ma che, a prescindere dal fatto che altri sono stati immediatamente aperti, la stessa pratica è diffusa in decine di altri forum di condivisione di materiale a sfondo sessuale.
Senza dire, per non rendere troppo amaro il caffe di questa mattina, che con la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa che avanza, ci vogliono pochi minuti e una foto innocente pubblicata online per vendere il costume di due estati fa che ci ha annoiato, diventa la materia prima per trasformare una persona in una porno-attrice a sua insaputa.
Buona giornata perché con un pizzico di consapevolezza può certamente esserlo e, naturalmente, good morning privacy!