Cerchi un podcast e ti imbatti nella pubblicità di oppioidi o farmaci soggetti a ricerca medica, in vendita sul mercato nero.
Dove?
Probabilmente dappertutto e, anche, su Spotify.
La sigla e ne parliamo.
Non sono certo che la notizia sia una notizia o, meglio, che sia una notizia che dovrebbe sorprendere.
Il crimine online segue gli utenti e scommette, non da oggi, sull’incrociare le rotte più battute per promuovere i propri affari.
È quello che raccontano centinaia di storie degli ultimi anni alle quali, in questi giorni, se ne aggiunge un’altra.
Quella di Spotify, la più popolare piattaforma di musica e podcast al mondo che, negli ultimi mesi, sembrerebbe essere diventata canale di promozione di ogni genere di farmaco e droga.
Nelle scorse settimane, infatti, prima Business Insider e poi CNN hanno raccontato che centinaia di podcast generati grazie all’intelligenza artificiale sono stati caricati sulle colonne di Spotify con l’obiettivo di promuovere link a mercati neri online di droghe, farmaci e affini.
E secondo CNN tutto sarebbe accaduto senza che Spotify se ne accorgesse o, almeno, se ne accorgessero i filtri artificialmente intelligenti della piattaforma.
Naturalmente, ricevute le segnalazioni, Spotify è corsa ai ripari ed ha cominciato a rimuovere i podcast incriminati.
Nessuno sa quale sia stato il loro successo di pubblico.
Nessun dubbio, però, sul fatto che siano stati accessibili anche ai più giovani e nessun dubbio che quello che è accaduto nelle ultime settimane potrebbe accadere ancora.
E, verosimilmente, non solo sulle pagine di Spotify.
Il punto di partenza è semplice: ormai generare artificialmente podcast falsi privi di qualsiasi reale contenuto e strumentali solo alla promozione della vendita, su mercati neri, di ogni genere di prodotto è diventato un gioco da ragazzi.
E pubblicare questi contenuti su piattaforme come Spotify anche in forma anonima o quasi anonima è altrettanto facile.
Una tentazione irresistibile per gli spacciatori di droghe e farmaci che, infatti, non le resistono.
E succede così che, persino, il più grande marketplace di podcast al mondo rischi di diventare il veicolo di promozione di prodotti che, ogni anno, mietono migliaia di vittime, una specie di piazza digitale di spaccio.
Non c’è nessuna ragione, naturalmente, per criminalizzare Spotify ma, certo, che c’è poco da stare tranquilli se non possiamo più lasciare soli i nostri figli neppure in una piattaforma di musica e podcast.
Ma tant’è e, in questi casi, sapere è meglio di non sapere e invitare alla prudenza è meglio che non farlo.
Buona giornata e, naturalmente, good morning privacy!