GOOD MORNING PRIVACY! | Questa estate potresti leggere questi libri, anzi no. Non esistono.

Si chiama Google AI Ultra è un pacchetto che costa 249.99 dollari al mese e contiene il meglio dell’intelligenza artificiale che Google ha da offrire al grande pubblico.
Un prodotto appena lanciato sul mercato che, forse, merita questo caffè non in quanto tale ma come occasione per una riflessione più ampia.
La sigla e proviamo a farla.

Dopo OpenAI e Antropic che hanno già sul mercato soluzioni evolute di servizi basati sull’intelligenza artificiale anche generativa da 200 dollari al mese, ora arriva anche Google: più funzionalità, più AI-gadgets, più appeal – quello dell’ultimo arrivato con a bordo le soluzioni più innovative anche se solo di qualche mese – e un prezzo maggiore, 249.99 dollari al mese.
Un prezzo che paghereste davanti a un’offerta di straordinarie soluzioni di AI, della stessa Google, di OpenAI e di tanti altri, gratis, quasi gratis o da qualche decina di dollari al mese?
Difficile a dirsi e, forse, inutile chiederselo.
Ce lo dirà presto il mercato che lo deciderà con la sua consueta crudezza.
Si o no, senza vie di mezzo.
Ma ci vorrà un po’.
Il punto, però, non è questo.
Perché che delle società commerciali abbiano accanto a prodotti di fascia bassa e intermedia anche prodotti di fascia alta, riservati a un’utenza professionale e altospendente non è una novità né una caratteristica del mercato dei servizi basati sull’intelligenza artificiale.
È così più o meno da sempre nei mercati più diversi e disparati.
Il punto è cogliere l’occasione per interrogarsi su cosa potrebbe accadere se, progressivamente, i servizi basati sull’intelligenza artificiale di tutte le più grandi fabbriche di algoritmi sul mercato, cominciassero a aumentare, sino a arrivare ai costi degli attuali servizi di gamma più alta.
In fondo lo abbiamo visto accadere banalmente con i treni: regionali, interregionali, intercity e via dicendo sono diventati sempre meno e sempre meno appealing e la più parte di noi, potendo, ha, progressivamente, iniziato a viaggiare sui treni di ultima generazione, quelli dell’alta velocità pagando cifre lontane rispetto a quelle dei treni di ieri, sebbene a fronte di servizi e comodità certamente superiori.
Ma, a quel punto, servizi che stanno rapidissimamente entrando nelle nostre vite personali e professionali e in quelle dei nostri figli, diverrebbero, inesorabilmente, inaccessibili a buona parte della società, perché è fuor di dubbio che pochi possono permettersi di pagare oltre duecento dollari al mese per un servizio basato sull’intelligenza artificiale.
E, però i più ricchi avrebbero un vantaggio competitivo enorme su chi dispone di meno risorse in ogni ambito della vita, dai compiti a scuola dei più giovani, alla redazione di un curriculum scritto in modo da aver più chance di trovar lavoro, passando per ogni altro genere di attività per la quale miliardi di persone stanno imparando a usare i servizi di base offerti dalle fabbriche degli algoritmi e, presto, non sapranno farne a meno.
Certo potrebbe anche accadere che se i grandi spingessero in questa direzione ovvero spingessero il pubblico verso servizi di punta e più costosi, altri, si affaccerebbero sul mercato con servizi gratuiti o con prezzi più accessibili e che, quindi, come accade in tanti mercati diversi, alla fine ce ne sarebbe per tutte le tasche.
Ma da una parte che esista oggi o che possa esistere domani un modello di business sostenibile per servizi basati sull’intelligenza artificiale di seconda classe è tutto da vedere e, comunque, dall’altra, anche quando così fosse, l’accesso a questo genere di servizi condannerebbe inesorabilmente gli utenti che li utilizzassero a stare un passo indietro rispetto agli utenti dei servizi di prima classe per altospendenti.
E la società, inesorabilmente, vedrebbe accrescersi i divide che già la contraddistinguono in maniera direttamente proporzionale alla pervasività dei servizi basati sull’intelligenza artificiale e alla loro capacità di rendersi indispensabili nelle nostre vite.
Uno scenario del quale non possiamo disinteressarci e rispetto al quale, probabilmente, quanto accaduto sin qui su mercati diversi non è detto possa suggerirci serenità perché è difficile immaginare prodotti o servizi capaci di conquistarsi un ruolo tanto determinante nella dimensione personale e professionale di ciascuno di noi.
Per carità viviamo in una società nella quale, da sempre, chi ha più risorse può, per esempio, curarsi meglio ma con le cose dell’intelligenza artificiale le cose potrebbero mettersi peggio.
Riflessione complicatissima che non si può esaurire né nello spazio di un caffè, né in quello di un cappuccino.
Quindi, Google AI Ultra è solo la scusa per lanciare il sasso nello stagno, nei commenti e nei prossimi mesi il confronto sui possibili scenari.
Buona giornata e, naturalmente, good morning privacy.