GOOD MORNING PRIVACY! | Si chiamano Velvet Sundown, tanti li ascoltano, tutti ne parlano nell’industria musicale

Si chiamano Velvet Sundown, su Spotify hanno un account verificato, con tanto di spunta blu e sotto un dato, quasi un milione e mezzo di visualizzazioni mensili e tre album al loro attivo.
L’industria musicale, in questo momento, parla di loro più di quanto parli di Madonna e la vostra popstar preferita, chiunque sia.
Non posso sottrarmi dal dedicare un caffè alla loro storia e dopo la sigla vi spiego perchè.

Niente suspence e misteri, vi spoilero subito la ragione per la quale tutti ne parlano anche perché è semplice e disarmante al tempo stesso: i Velvet Sundown non esistono.
O, meglio, non esistono nel senso tradizionale del termine perché, appunto, su Spotify ci sono e la loro musica si può ascoltare e oltre un milione e quattrocentomila persone l’ha ascoltata per davvero.
I Velvet Sundown per dirvi tutto e subito, sono nati in una provetta digitale e la loro musica è figlia degli algoritmi di Suno la popolare applicazione capace di trasformare qualsiasi richiesta testuale in note e parole, in musica insomma.
Tutto, naturalmente, grazie ai suoi algoritmi addestrati, più o meno, sull’intero patrimonio musicale globale, il tutto senza chiedere permesso a nessuno e pagare un euro per il disturbo.
Ora, forse, inizia a essere più caro perché i Velvet Sundown sono diventati tanto e tanto rapidamente popolari ai piani alti dei grattacieli delle major.
Rappresentano un bel grattacapo e un punto interrogativo enorme sul futuro dell’industria musicale.
Perché girarci attorno serve a poco, esiste oggi – senza aspettare domani – tutta la tecnologia che serve per consentire a chiunque – proprio a chiunque – di produrre musica capace di sottrarre tempo, attenzione, ascolti e denari alla musica che esce da chitarre, bassi, batterie e voci vere di persone in carne ed ossa e dagli investimenti anche economici necessari a produrla e distribuirla.
Questa, la musica come quella dei Velvet Sundown, invece, si produce con qualche giorno – a volersi tener larghi – di lavoro di prompting e un’app che è capace di fare quello che è capace di fare solo perché ha fatto sua la musica vera sin qui prodotta da una quantità industriale di artisti.
Tutto giusto e regolare così?
Difficile dirlo in un mondo che va di corsa come quello nel quale stiamo vivendo.
Facile chiedere, come sta facendo l’industria musicale in queste ore con un tono più sostenuto che in passato, trasparenza alle piattaforme circa la natura artificiale della musica dei Velvet Sundown e dei loro emuli.
Ma difficile credere che basti.
In Deezer, uno dei concorrenti di Spotify, che a differenza di quest’ultimo, sta già provando a taggare la musica che distribuisce come generata artificialmente, quando c’è prova che lo siano, fanno garbatamente notare che gli algoritmi e l’AI sono da tempo utilizzati anche per produrre la musica più tradizionale e naturale e che quindi, non esistendo un confine facilmente identificabile tra chi si fa aiutare dall’intelligenza artificiale a far musica migliore e chi chiede proprio agli algoritmi di suonare e cantare al posto suo, presto potrebbe tornare indietro e smettere di usare questo tagging per evitare di dover etichettare tutta la musica online come artificiale.
Senza dire che non è facile scommettere sul fatto che la trasparenza, da sola, basti a orientare altrove l’attenzione e la voglia di ascoltare degli utenti.
Che fare? Intanto, certamente, parlarne e, magari, come l’industria musicale sta facendo provare a arginare o, almeno, governare fenomeni come Suno che rischiano, altrimenti, di cannibalizzare o permettere a terzi di cannibalizzare l’intero mercato.
Perché quel che è certo è che la vicenda dei Velvet Sundown suggerisce che chiunque abbia un po’ di tempo e un po’ di denaro può trasformarsi in un’etichetta musicale facendo produrre a soluzioni alla Suno la musica di qualche decina di migliaia di gruppi così e, a quel punto, invadere le piattaforme digitali.
E questo non tra un anno ma domani mattina.
Ci sarebbe tanto, tanto di più da dire ma il caffè rischia di freddarsi e il sasso nello stagno e comunque lanciato.
Parliamone e frattanto buona giornata e, naturalmente, good morning privacy!