È questione di giorni, pochi e l’AI Act italiano, la nuova legge sull’intelligenza artificiale sarà in vigore.
Tra le tante, c’è una disposizione che dice che l’accesso alle tecnologie di intelligenza artificiale è consentito ai minori di quattordici anni solo con il consenso dei genitori.
Bene ma…
La sigla e ne parliamo.
Bene, appunto, prendere atto della circostanza che l’intelligenza artificiale non è un gioco e che, quindi, i più piccoli dovrebbero usarla solo con il consenso dei genitori.
E, però, passare dall’affermazione del principio alla sua attuazione potrebbe non essere così facile come sembra a leggere l’AI Act di casa nostra.
Prima questione.
Le nuove regole stabiliscono che l’accesso alle tecnologie di intelligenza artificiale per gli infraquattordicenni è lecito solo con il consenso dei genitori.
Ma che significa tecnologie di intelligenza artificiale?
Perché l’intelligenza artificiale è, ormai, dappertutto.
Dai giocattoli per bambini agli assistenti intelligenti che popolano le nostre case, dai sistemi di domotica agli smartphone, passando per le televisioni, appunto, intelligenti.
E, soprattutto, l’intelligenza artificiale ormai è nelle scuole.
Che si fa?
Perché tra una manciata di giorni il suo uso da parte degli infraquattordicenni sarà vietato dappertutto senza il consenso dei genitori.
E egualmente vietato sarà ogni trattamento di dati personali che sia conseguenze dell’accesso alle tecnologie dell’intelligenza artificiale.
Ma siamo pronti per applicare una regola del genere?
E si arriva alla seconda questione.
Come fa un fornitore di tecnologie di intelligenza artificiale, per dirla come la dice la legge, a sapere chi sono i genitori di un certo utente e, quindi, a verificare di aver ottenuto proprio il loro consenso prima di consentirgli l’accesso al dispositivo o al servizio intelligente?
Il rischio è che per saperlo debba identificare l’utente e i suoi genitori.
Ora in taluni contesti magari il fornitore potrebbe disporre di queste informazioni ma nella più parte dei casi non è così.
Siamo sicuri che il gioco valga la candela?
Per carità, le soluzioni esistono: si può per esempio demandare a una terza parte fidata la verifica dell’età dell’utente e del rapporto di genitorialità e, quindi, chiedere al fornitore di tecnologia intelligente che esiga dall’utente la prova del consenso dei genitori emessa, appunto, da una terza parte fidata.
Ma il punto è che la legge entrerà in vigore il prossimo dieci ottobre e, a me non sembra siamo pronti per soluzioni di questo tipo.
Confesso una punta di preoccupazione.
Secondo me prima di approvare una disposizione di legge bisognerebbe chiedersi se sarà davvero applicabile il giorno della sua entrata in vigore e se la risposta è negativa, per quanto il principio che si vuole affermare sia bello, prezioso e condivisibile, resistere alla tentazione di approvarla.
Introdurre limiti e divieti che poi non siamo in grado di far rispettare, temo serva a poco e crei tanta confusione della quale davvero non si avverte il bisogno.
Ma spero di sbagliarmi.
Mi fermo qui! Buon caffè, buona giornata e, naturalmente, good morning privacy!