GOOD MORNING PRIVACY! | Informazione: è cambiato tutto e tutto cambierà ancora

Il Pew Research center ha pubblicato, qualche settimana fa, una ricerca straordinariamente istruttiva sul rapporto tra giovani, meno giovani e anziani e l’informazione negli Stati Uniti d’America.

Ma difficile pensare che da questa parte dell’oceano, nella società globalizzata nella quale viviamo, le cose siano particolarmente diverse.
Le differenze tra il consumo di informazione tra le persone di età compresa tra i 18 e i 29 anni e gli ultrasessantacinquenni sono decisamente tante e importanti.
La sigla e proviamo a mettere in fila qualche numero.

La conclusione, probabilmente, più importante di tutte quelle a cui approda la ricerca sarà, magari, per molti scontati: i più giovani si informano sempre meno dal 2016 ad oggi e, soprattutto, enormemente di meno dalla popolazione più anziana.
E, soprattutto, mentre i più anziani ricercano attivamente l’informazione, i più giovani, nella migliore delle ipotesi, si lascia raggiungere dall’informazione in modalità sostanzialmente passiva.
Tanto per dare qualche numero: il 62% degli ultrasessantacinquenni si informa attivamente contro un appena 15% che fa altrettanto tra gli ultra diciottenni e infra ventinovenni.
Inutile, probabilmente, aggiungere che la stragrande maggioranza dei più giovani si informa o, forse, meglio, si lascia informare dai socialnetwork con Tik Tok e Instagram in testa.
E, naturalmente, è vero anche il contrario con il doppio degli anziani rispetto ai più giovani davanti al televisore.
Qui c’è spazio per una riflessione interessante perché in fondo la ricerca suggerisce che le diete mediatico-informative sono stabilite da soggetti diversi a seconda l’età dei fruitori delle notizie: ancora largamente la televisione nel caso degli ultrasessantacinquenni, appunto i social nel caso dei diciottenni, infra ventinovenni.
La ragione è presto detta.
L’informazione sui social network corre più veloce e, soprattutto è proposta ai più giovani dai loro beniamini digitali che, ormai chiamiamo tutti influencer.
Lo fanno in quattro su dieci tra i 18 e i 29 anni.
Al di fuori dei social media, non esiste nessun’altra piattaforma digitale per il consumo di notizie in cui gli adulti sotto i 30 anni siano così costantemente diversi da tutti i gruppi di età più anziani.
Gli stessi chatbot basati sull’intelligenza artificiale dei quali pure si parla tantissimo come dei prossimi protagonisti indiscussi della dieta mediatica del mondo intero sembrano dover fare ancora tanta strada prima di poter insidiare il primato dei socialnetwork.
I giovani sono leggermente più propensi rispetto ai più anziani ad affermare di ricevere notizie tramite chatbot basati sull’intelligenza artificiale (13%), ma la percentuale di coloro che ricevono notizie in questo modo è ancora relativamente piccola rispetto ad altre piattaforme digitali.
Un’altra differenza importante tra più e meno giovani si registra sul versante dell’affidabilità delle fonti: i più giovani si fidano enormemente di più dei social network che dei media tradizionali.
Ancora una volta un’osservazione che appare significativa.
Niente privacy oggi anche se, in realtà, dietro a tutto il mondo dell’informazione digitale i dati personali ci sono e come e hanno anche un ruolo di indiscussi protagonisti perché, alla fine, che si parli dei social, dei chatbot o dei giornali, sono tutti li a contendersi l’unica cosa che online conta per davvero: l’attenzione degli utenti e attraverso l’attenzione il loro tempo e, quindi, i loro dati personali da rivendersi, in un modo o nell’altro agli investitori pubblicitari.
Buona giornata e, come sempre, good morning privacy.