Una volta in vetrina c’era un prezzo, il cliente entrava, provava a spuntare uno sconto, poi che riuscisse o meno nell’intento decideva se comprare o uscire dal negozio.
E così è stato, per un po’, anche quando il negozio è diventato digitale, salvo il fatto che lo sconto non si poteva chiedere più.
Ma c’era una vetrina, un prezzo uguale per tutti gli utenti della piattaforma, un carrello, a ciascuno fare la propria scelta binaria: comprare oppure no.
Ma cambia tutto e oggi i prezzi dinamici spopolano, spopolano così tanto che ovunque nel mondo si sta correndo ai ripari.
Nello Stato di New York è appena entrata in vigore una nuova legge proprio su questo.
La sigla e ne parliamo.
Se la domanda cresce, cresce il prezzo, una legge antica che ai tempi di Internet e dell’intelligenza artificiale ha, non da oggi, un successo straordinario con la particolarità che i prezzi cambiano in continuazione, in tempo reale.
Ma non cambiano più semplicemente perchè nel primo week end di sole centinaia di milioni di persone in tutto il mondo decidono di far rotta verso il mare prendendo d’assalto certe rotte aeree o certe località balneari.
Ormai, anche in questo caso, non da oggi, cambiano anche da persona a persona nello stesso weekend.
Provate a guardare una decina di volte la stessa offerta online mostrandovi fortissimamente tentati dall’acquisto e noterete che l’undicesima volta, il prezzo non sarà più quello della prima, ma sarà più alto perché il venditore e, per lui, gli algoritmi di fissazione dinamica del prezzo hanno capito che siete davvero tentati da quell’acquisto.
E provate a accedere al sito di un certo prodotto o servizio dopo aver visitato in sequenza le pagine di una serie di brand di lusso dando così a pensare agli algoritmi che siete un consumatore che ama le cose che costano e che per averle è pronto a spendere tanto.
È assai probabile, sempre più probabile, che il prezzo che vi verrà proposto sia diverso da chi arriva sullo stesso sito e vuole comprare lo stesso prodotto proveniendo da rotte digitali meno rivelatrici di certe proprie presunte propensioni.
Per carità non è che ci vengano sempre proposti prezzi più alti. È, per fortuna – se così può dirsi – vero anche il contrario.
Talvolta, dopo averci osservato, gli algoritmi si convincono che non compreremo mai quel prodotto o quel servizio al prezzo pieno e, quindi, ci propongono uno sconto!
Vada come vada il punto è sempre lo stesso: il prezzo è sempre più spesso funzione di chi siamo e chi siamo o, meglio, di chi, trattando una quantità crescente di nostri dati personali, gli algoritmi del fornitore si convincono che noi si sia.
L’errore, quindi, è sempre in agguato e con l’errore il rischio che un certo prodotto o un certo servizio diventino inaccessibili a qualcuno semplicemente perché gli algoritmi si convincono che può spendere più di quanto effettivamente può spendere.
Dall’8 luglio, nello Stato di New York, le nuove regole dicono che chi utilizza un sistema dinamico di pricing deve dichiararlo e dichiararne la logica e che, in ogni caso, gli algoritmi per la fissazione dinamica dei prezzi non possono utilizzare alcune categorie particolari di dati suscettibili di dar luogo a discriminazioni umanamente e democraticamente insostenibili.
Bene e giusto così.
Sono parola più, parola meno, le stesse regole già in vigore da questa parte dell’oceano.
Che bastino a scongiurare i rischi all’orizzonte è un’altra questione che non sta nella tazzina di caffè di questa mattina.
Buona giornata e, come sempre, good morning privacy!