GOOD MORNING PRIVACY! | L’AI usata bene nella redazione del New York Times

Semafor l’ha battuta come uno scoop, forse per la verità esagerando un po’.
Il New York Times, ha rifiutato di commentarla, dicendo che non ci sarebbe niente di nuovo sotto il sole e che le sue linee guida per l’uso in redazione dell’intelligenza artificiale sarebbero online dalla scorsa primavera.
Circostanza di per sé vera.
Ma che sia buona la prima o la seconda, la notizia c’è: i giornalisti del New York Times, nei giorni scorsi, hanno ricevuto una serie di mail con l’invito a un uso responsabile dell’intelligenza artificiale per migliorare il loro lavoro.
E si tratta di una notizia perché il New York Times è protagonista di una delle più grandi azioni legali promosse contro OpenAI per violazione del diritto d’autore, per aver usato i contenuti del Times senza alcuna autorizzazione.

L’apertura all’uso dell’intelligenza artificiale, quindi, porta con sé un messaggio importante che trascende l’esperienza del Times: il punto non è mai la tecnologia ma come la usiamo.
Si sbaglia ogni volta che si identifica in questa o quella tecnologia un nemico da abbattere e si sbaglia allo stesso modo quando la si considera panacea dei mali di questa o quella industria.
Il New York Times, per esempio, incoraggia la redazione a usare strumenti di intelligenza artificiale per generare titoli capaci di far più presa sul pubblico nell’universo social, suggerire modifiche a articoli che si sono scritti, fare brainstorming di domande e idee e analizzare i documenti e le immagini del Times alla ricerca di correlazioni nuove.
In un video di formazione condiviso con lo staff, il Times ha suggerito di usare l’intelligenza artificiale per preparare domande da porre durante le interviste ma anche per sviluppare quiz sulle notizie già pubblicate, lanci social, schede di citazioni e FAQ.
L’editore, al tempo stesso, ha ricordato ai giornalisti di non usare l’IA per scrivere o rivedere in maniera significativa un articolo, non inserire materiale protetto da copyright di terze parti, non pubblicare immagini o video generati da macchine, se non per mostrare le potenzialità della tecnologia e, comunque, con una didascalia appropriata.
Secondo Semafor, alcuni documenti di formazione interni del New York Times suggerirebbero anche ai giornalisti una serie di esempi di domande che avrebbe senso porre agli strumenti di intelligenza artificiale che verranno progressivamente messi a loro a disposizione.
Eccone alcune.
Quante volte è stato menzionato Al in questi episodi di Hard Fork ? Puoi rivedere questo paragrafo per renderlo più conciso? Immagina di postare questo articolo del Times su Facebook. Come lo promuoveresti? Riassumi questo articolo del Times in un tono conciso e colloquiale per una newsletter. Puoi proporre cinque titoli ottimizzati per la ricerca per questo articolo del Times?
Puoi riassumere questa opera teatrale scritta da Shakespeare? Puoi riassumere in termini semplici questo rapporto del governo federale?
L’intelligenza artificiale usata bene, insomma, può far bene anche all’informazione.
Usata male o usata senza il consenso di chi fa informazione, invece, la distrugge.

Una buona giornata e, come sempre, #goodmorningprivacy!