È già capitato e, purtroppo, è probabile che capiterà ancora.
Uno si iscrive a un’app di dating con la speranza che la circostanza rimanga segreta o, almeno, riservata.
Ma, poi, succede che i suoi dati finiscono online a portata di click o di tap di chiunque.
La sigla e ne parliamo.
Oggi ci dividiamo a metà, subito, prima di prendere il caffè.
Da una parte quelli che non hanno mai usato Raw, scritto R-A-W, una delle app di incontri sbarcata più di recente nel firmamento delle novelle agenzie digitali per cuori solitari.
Dall’altra chi l’ha già usata.
Questi ultimi, oggi, possono fare a meno del caffè perché a svegliarli potrebbe bastare la notizia che i loro dati, tanti, sino a arrivare alla loro posizione geografica mentre usano l’applicazione, misurata con una buona approssimazione e il loro orientamento sessuale, sono o potrebbero essere online.
E non è detto che la cosa faccia loro un grande piacere.
Gli altri possono mettersi comodi e ascoltare i prossimi due minuti con un briciolo di relax in più.
Ma solo un briciolo, perché quello che è accaduto potrebbe accadere ancora e, magari, la prossima potrebbe accadere in relazione a un’app di incontri che usano o hanno usato anche loro.
La notizia della fragilità, per dirla con il garbo che serve al mattino, di Raw è stato portato alla luce nel giorni scorsi da Tech Crunch, popolare testata tecnologica che si è resa conto, semplicemente testando l’applicazione, che l’anagrafica degli utenti era progettata in barba alle più elementari regole do cybersecurity di modo che fosse sufficiente cambiare numeri a caso nella URL per accedere a pagine piene zeppe di dati di centinaia di migliaia, forse milioni, di utenti, cuori solitari o sedicenti tali.
La società che gestisce l’applicazione, informata dell’accaduto, ci ha messo una toppa ed è corsa a informare le competenti autorità garanti per la privacy dell’accaduto pur avendo, per ora, deciso di non scrivere agli utenti i cui dati potrebbero esser finiti nelle mani sbagliate.
Ma il punto non è l’episodio in sé, sfortunatamente l’ultimo, solo sin qui, di una lunga serie.
Il punto è RAW sta per lanciare un anello indossabile che consentirebbe – a leggere la presentazione del progetto – di monitorare una serie di dati medici e emotivi delle aspiranti anime gemelle che usano la sua applicazione allo scopo di rilevare – e raccontare agli interlocutori – eventuali aritmie cardiache sintomatiche di questa o quella emozione o, magari, se chi è dall’atra parte dello smartphone sta mentendo o dicendo la verità.
Insomma, affari di cuore a parte, sempre più dati e dati sempre più preziosi in transito per l’applicazione.
Sin troppo facile il passaggio successivo nel ragionamento.
Se, distratti dal business o da altre priorità, in questo genere di app si lasciano così tanto indietro le questioni di privacy e cybersicurezza, che succederà domani quando il valore del tesoretto di dati personali custodito dai loro fornitori sarà enormemente maggiore e enormemente maggiori saranno i tentativi di aggressione?
È una domanda da porsi anche perché tra intelligenza artificiale, neuroscienze e neurotecnologie la strada ormai intrapresa dalle più grandi app di incontri al mondo è segnata: consentire ai loro utenti la condivisione di sempre più informazioni personali e, soprattutto di informazioni sempre più preziose.
Sono, ad esempio, decine le app del genere che già chiedono ai loro utenti di sottoporsi a un test che, naturalmente, implica la fornitura di una quantità enorme di informazioni personali, per consentire ai loro algoritmi di suggerire anime gemelle e altri utenti con i quali passare qualche piacevole serata!
Guai a voler portare sul banco degli imputati tutti i cupido digitali del mondo, naturalmente, ma, al tempo stesso, vale la pena mettere sul chi va là le centinaia di milioni di cuori solitari che frequentano queste novelle agenzie di appuntamenti più o meno facili.
Buona giornata, almeno se non siete tra gli utenti di Raw e, in ogni caso, good morning privacy