Il caffè questa mattina è amaro almeno per me.
Così tanto amaro che all’inizio ho pensato di non dare la notizia.
Poi, però, ci ho ripensato: non si può animare un dibattito trasparente e costruttivo senza dar conto di voci e decisioni che pure si condividono poco.
E, quindi, eccomi qui.
Oggi parliamo di una decisione di due giorni fa con la quale un giudice in Florida ha deciso che una legge che vieta ai più piccoli l’accesso ai social è incostituzionale per contrasto con il primo emendamento.
Ma lo facciamo subito dopo la sigla.
È datata 3 giugno, è firmata dal Giudice Mark E. Walker e riguarda una legge della Florida che obbliga i gestori di alcune piattaforme social – quelle dotate di alcune specifiche funzionalità – di permettere ai minori di quattordici anni di avere un account e di richiedere il permesso dei genitori per consentire la creazione di un account a utenti di 14 e 15 anni.
Secondo il giudice che, per ora, si è pronunciato solo in via preliminare sul ricorso proposto dalle big tech, la legge violerebbe il primo emendamento della Costituzione, quello sul free speech, la libertà di parola.
Divieti e limiti imposti ai più giovani, infatti, si tradurrebbero in una compressione sproporzionata del loro diritto di comunicare e il fine perseguito dal legislatore – ovvero quello di sottrarli dal confronto con contenuti e servizi inadatti alla loro età – non sarebbe abbastanza per legittimarli.
Siamo, naturalmente, solo alle battute iniziali.
Ma la posizione del giudice Walker è importante e non puó esser sottovalutata in un momento nel quale da quella parte dell’oceano, come da questa, si discute con insistenza e urgenza sempre maggiori proprio dell’opportunità – per me sussistente e, anzi, sacrosanta – di chiudere certe piattaforme digitali ai più giovani.
Difficile, qui, davanti a un espresso italiano, attardarsi in una discussione inesorabilmente di diritto statunitense – e, anzi, di diritto di uno specifico Stato americano – sulla legittimità o illegittimità costituzionale delle previsioni della legge oggetto della decisione.
E, tuttavia, forse c’è spazio per un paio di considerazioni.
La prima riguarda il ricorso contro la legge presentato da alcune big tech.
È curioso perché da questa parte dell’oceano, generalmente, la posizione dell’industria tecnologica quando si parla dell’esigenza di adottare adeguate soluzioni di age verification per tenere i più giovani fuori da certi servizi digitali è che il principio è giusto ma bisogna discutere di come, tecnologicamente, raggiungere il risultato.
E, spesso, anzi, si aggiunge che si sta già facendo moltissimo proprio nel tentativo di tenere i più giovani fuori dai social e dintorni.
Dall’altra parte dell’oceano, invece, la stessa industria, sembrerebbe determinata a difendere con più convinzione il diritto a far business anche sugli utenti più giovani.
C’è poi un’altra questione.
Il Giudice, nella sostanza, trova sproporzionata la legge della Florida perché priverebbe i più giovani di un canale di comunicazione insostituibile.
Ecco, qui non riesco a resistere alla tentazione di chiedermi se non sia paradossale che prima abbiamo lasciato conquistare a servizi non adatti ai più giovani un ruolo di straordinaria centralità nelle loro vite e nella loro possibilità di comunicare con il resto del mondo e, ora, che, rinsaviti, vorremmo mettere dei paletti, ci troviamo costretti a prendere atto che, proprio in ragione della centralità conquistata da certi servizi nelle loro vite, forse è troppo tardi – il Giudice Walker ne sembra convinto – per ritardare l’incontro tra giovanissimi e social media.
Ma, naturalmente, questa è solo l’amara riflessione di un adulto che, ormai da anni, suggerisce di chiudere alcune porzioni di Internet all’accesso dei più piccoli e non è un argomento giuridico.
Per me, quello, di oggi è stato un caffè amaro, ma, magari, per qualcun altro, sarà dolce o anche dolcissimo.
Bene così.
L’importante è parlarne e confrontarsi, come sempre dovrebbe accadere, in maniera trasparente e costruttiva e evitando polemiche sciocche e personalismi, almeno quando in mezzo ci sono i diritti dei più piccoli.
Buona giornata e, come sempre, #goodmorningprivacy!