La storia è sicuramente curiosa, forse anche educativa.
Le “mistery box” sono pacchi venduti senza che chi li compra – ma in realtà anche chi li vende – ne conosca il contenuto.
In molti casi si tratta di pacchi spediti da qualcuno a qualcun altro che, per le ragioni più diverse, non sono né arrivati a destinazione, né tornati al mittente.
A un certo punto per svuotare i magazzini qualcuno li prende e li vende all’ingrosso a qualcun altro che poi li rivende al dettaglio ancora a qualcun altro.
La sigla e poi vi racconto, se ve lo foste perso, cosa è successo.
La pratica in sé, qualche dubbio, lo solleva sicuramente perché che un pacco del quale, il più delle volte, si conosce sia il mittente che il destinatario non torni all’uno e non vada all’altro ma finisca invece in vendita come fosse una busta a sorpresa di quelle in vendita nelle edicole non è, o almeno, non dovrebbe essere una cosa normale.
E, però, la ragione per la quale questa storia si merita almeno una menzione in un episodio di good morning privacy è un’altra e riguarda, senza alcuna originalità, le cose della privacy.
La Guardia di Finanza, infatti, nel sequestrare una di queste partite di scatole del mistero si è resa conto che mentre il contenuto del pacco era effettivamente misterioso, il nome e l’indirizzo del destinatario e, in qualche caso, persino il suo numero di telefono, non lo erano affatto.
Un bel problema per la privacy dei destinatari.
Il contenuto delle scatole, infatti, in molti casi avrà potuto raccontare moltissimo di loro, di loro eventuali patologie, preferenze politiche o religiose, abitudini sessuali e tanto tanto di più.
Anzi, qui, vale la pena correggermi.
Non di loro ma di tutti noi perché chiunque di noi potrebbe esser stato il destinatario di uno di quei pacchi venduti e acquistati da chissà chi per una manciata di euro.
Brutta storia, una storia, probabilmente – anche se l’accaduto potrà essere accertato solo a valle dell’istruttoria che ora si aprirà davanti al Garante – di scarsa sensibilità alle cose della privacy, di ignoranza delle regole, di questioni di mercato anteposte a questioni di diritti e libertà.
Troppo faticoso cancellare tutti i nomi dei destinatari sulle etichette dei pacchi si sarà detto qualcuno.
E qualcuno gli avrà fatto eco dicendo che, in fondo, nessuno se ne sarebbe accorto.
Ecco, non è andata così, per fortuna.
Anche perché il fenomeno potrebbe essere meno episodico e più sistemico di quanto questa singola storia non racconti e, così, almeno, distributori all’ingrosso e al dettaglio di mistery box sono avvisati: a prescindere da ogni altro profilo giuridico, in ogni caso, rivendere quelle scatole del mistero senza neppure perder tempo a tirar via le etichette dei destinatari o cancellarne i nomi, decisamente non è una buona idea.
Un caffè leggero ma, mi auguro, utile.
Buona giornata e, naturalmente, Good Morning Privacy!